A UNA SIGNORINA A PARIGI liberamente tratto dal racconto Lettera a una signorina a Parigi di Julio Cortázar con
Emilio Barone regia Alessandra Chieli Massimiliano Ferrari scene Domenico Latronico ambientazioni sonore Alessandra Chieli Carlo Sperduti locandina Fabrizio Montesanto foto Dario Vegliante realizzato con il sostegno di Fanfulla Teatro, Roma | Rialto Sant'Ambrogio, Roma | Teatri Sospesi, Salerno | Inner Wheel, Città di Castello con il patrocinio Ambasciata Argentina e Casa della Cultura Argentina | Comune di Citerna vincitore Premio Tor di Nona alla Biennale Marte Live 2014 |
Qual è il confine tra amare un’abitudine e soccombervi?
Un uomo chiuso in una stanza sta tentando di registrare dei messaggi da inviare a una misteriosa signorina a Parigi; vuole confessarle la sua strana sindrome, da un momento all’altro si è messo a vomitare coniglietti.
Chi c'è fuori dalla stanza? Forse c’è il mondo, la normalità, l’altro; dentro ci sono lui, le sue abitudini e i suoi coniglietti.
Eh, quanto comica e crudele è la vita.
A una signorina a Parigi è un lavoro di esplorazione del fantastico e del perturbante che nasce da un lungo studio dell'opera di Julio Cortázar iniziato nel 2011 con la messa in scena de La salute degli infermi. Il fantastico è un mezzo favloso per indagare la realtà a distanza; in questo lavoro vi entra senza sovvertirne le regole, senza prendere il posto delle strutture ordinarie della vita e proprio per questo interrogandone il senso.
A una signorina a Parigi ci ha portati altrove, è un viaggio nei territori dell'inconscio come del conscio, è un invito a guardare il mondo da un'altra prospettiva con l’ineffabile seduzione per l'altro lato delle cose.
La messa in scena
A una signorina a Parigi è una confessione. Il pubblico entra in una sfera privata fatta di parole sussurrate e luci soffuse e spia la registrazione di un messaggio audio con un vecchio mangiacassette, continuamente interrotto da esitazioni, improvvisi slanci di entusiasmo, dalla ricerca delle giuste parole, da momenti di sconforto. La scena minuta e perfetta richiama un tempo antico, quasi favolesco, in perfetto contrasto con il temperamento impacciato del protagonista. Andrè, la misteriosa signorina, aleggia nell'aria, non si vede ma è ovunque. Il minuzioso lavoro sul sonoro creerà insieme alle parole, alle musiche e ai silenzi una fitta partitura che condurrà il pubblico in una narrazione intima, inquietante e ironicamente spiazzante.
Durata 50’
Un uomo chiuso in una stanza sta tentando di registrare dei messaggi da inviare a una misteriosa signorina a Parigi; vuole confessarle la sua strana sindrome, da un momento all’altro si è messo a vomitare coniglietti.
Chi c'è fuori dalla stanza? Forse c’è il mondo, la normalità, l’altro; dentro ci sono lui, le sue abitudini e i suoi coniglietti.
Eh, quanto comica e crudele è la vita.
A una signorina a Parigi è un lavoro di esplorazione del fantastico e del perturbante che nasce da un lungo studio dell'opera di Julio Cortázar iniziato nel 2011 con la messa in scena de La salute degli infermi. Il fantastico è un mezzo favloso per indagare la realtà a distanza; in questo lavoro vi entra senza sovvertirne le regole, senza prendere il posto delle strutture ordinarie della vita e proprio per questo interrogandone il senso.
A una signorina a Parigi ci ha portati altrove, è un viaggio nei territori dell'inconscio come del conscio, è un invito a guardare il mondo da un'altra prospettiva con l’ineffabile seduzione per l'altro lato delle cose.
La messa in scena
A una signorina a Parigi è una confessione. Il pubblico entra in una sfera privata fatta di parole sussurrate e luci soffuse e spia la registrazione di un messaggio audio con un vecchio mangiacassette, continuamente interrotto da esitazioni, improvvisi slanci di entusiasmo, dalla ricerca delle giuste parole, da momenti di sconforto. La scena minuta e perfetta richiama un tempo antico, quasi favolesco, in perfetto contrasto con il temperamento impacciato del protagonista. Andrè, la misteriosa signorina, aleggia nell'aria, non si vede ma è ovunque. Il minuzioso lavoro sul sonoro creerà insieme alle parole, alle musiche e ai silenzi una fitta partitura che condurrà il pubblico in una narrazione intima, inquietante e ironicamente spiazzante.
Durata 50’
Rassegna stampa
Dedicarsi ora a uno dei racconti da svolgere in autonomia, apprezzato al Teatro Tordinona di Roma, è parso un passo in avanti rispetto a tali manovre di avvicinamento, segno di una maggiore maturità di presenza nel panorama artistico.
(...) e però ancora l’estetica a focalizzare in alcuni sviluppi del surrealismo l’intuizione feconda per un tratteggio scenico della letteratura di Cortázar: il gusto da strip comica, nelle tinte e negli abiti così come nella sonorizzazione off, meglio che in altri contesti sembra puntualizzare la relazione preferenziale della sfera conscia con quella inconscia, senza che però la metafisica ne svilisca il segno scenico. È proprio in virtù di questo afflato che la scrittura del romanziere argentino si presta a un’indagine drammaturgica, la densità di cui investe la trasmissione di emozioni nell’una o l’altra direzione rende ogni concetto anche astratto un frutto della materia, di un’evidenza cosciente, di un’espressa, concreta, sensibilità.
Simone Nebbia, Teatro e Critica
La semplificazione descrittiva (la scenografia), la riduzione al minimo della dinamica scenica e la fedeltà massima al testo originario (il monologo) vanno così a comporre un inedito mosaico ritmico, splendidamente cadenzato da pause e progressioni, in cui da un lato la sospensione spazio-temporale in una durata senza luogo (un’anonima stanza) e dall’altro il rifiuto dell’atto clamoroso o eccezionale, dunque il perfetto dosare dell’elemento spettacolare con la potenza introspettiva, materializzano in fondo agli occhi la perturbante atmosfera di una realtà onirica intrisa di fantastica fatalità.
Ma se dal punto di vista estetico l’attenta interpretazione di Emilio Barone e la precisa regia di Alessandra Chieli e Massimiliano Ferrari danno forma a un impianto scenico dalla superba pulizia compositiva in cui nulla è di troppo o fuori posto, è la sua sontuosa coerenza ideologica a convincere maggiormente.
(...) con quanta limpida e lucida profondità la Compagnia Barone Chieli Ferrari sappia porre agli spettatori la radicalità di domande da cui chiunque potrebbe trovarsi interrogato.
Daniele Rizzo, Persinsala.it
Ma Cortázar non ha intenzione di costruire fantasticherie per le interpretazioni psicanalitiche, egli intende liberarsene in uno sboccamento perfettamente adeguato al reale, dove la minuzia stilistica focalizza talmente il dettaglio da costituire essa stessa l'assurdo del racconto, che è breve quanto un'opinione ma tanto fitto di ritmi, pulsazioni e inaspettate calamità da adattarsi al dialogo teatrale.
(...) Ma nell'altrove di un luogo che non gli appartiene, dove ogni pulviscolo è pregno dell'odore del proprietario, non può abitare e si costringe a registrare un messaggio, dapprima incespicando sulle parole e, dopo la consapevolezza d'averle dette, sempre più convulsamente; le sue creature sono fiotti andati alla deriva che disturbano il suo impegno di mantenere lo stato delle cose. Allora una sonorità urlata e l'iridescenza degli spiragli di una finestra sul baratro profilano una decisione: poiché ogni cosa ha una durata superiore a quella comandata, talvolta è essenziale intromettersi.
Francesca Pierri, Recensito.it
Dedicarsi ora a uno dei racconti da svolgere in autonomia, apprezzato al Teatro Tordinona di Roma, è parso un passo in avanti rispetto a tali manovre di avvicinamento, segno di una maggiore maturità di presenza nel panorama artistico.
(...) e però ancora l’estetica a focalizzare in alcuni sviluppi del surrealismo l’intuizione feconda per un tratteggio scenico della letteratura di Cortázar: il gusto da strip comica, nelle tinte e negli abiti così come nella sonorizzazione off, meglio che in altri contesti sembra puntualizzare la relazione preferenziale della sfera conscia con quella inconscia, senza che però la metafisica ne svilisca il segno scenico. È proprio in virtù di questo afflato che la scrittura del romanziere argentino si presta a un’indagine drammaturgica, la densità di cui investe la trasmissione di emozioni nell’una o l’altra direzione rende ogni concetto anche astratto un frutto della materia, di un’evidenza cosciente, di un’espressa, concreta, sensibilità.
Simone Nebbia, Teatro e Critica
La semplificazione descrittiva (la scenografia), la riduzione al minimo della dinamica scenica e la fedeltà massima al testo originario (il monologo) vanno così a comporre un inedito mosaico ritmico, splendidamente cadenzato da pause e progressioni, in cui da un lato la sospensione spazio-temporale in una durata senza luogo (un’anonima stanza) e dall’altro il rifiuto dell’atto clamoroso o eccezionale, dunque il perfetto dosare dell’elemento spettacolare con la potenza introspettiva, materializzano in fondo agli occhi la perturbante atmosfera di una realtà onirica intrisa di fantastica fatalità.
Ma se dal punto di vista estetico l’attenta interpretazione di Emilio Barone e la precisa regia di Alessandra Chieli e Massimiliano Ferrari danno forma a un impianto scenico dalla superba pulizia compositiva in cui nulla è di troppo o fuori posto, è la sua sontuosa coerenza ideologica a convincere maggiormente.
(...) con quanta limpida e lucida profondità la Compagnia Barone Chieli Ferrari sappia porre agli spettatori la radicalità di domande da cui chiunque potrebbe trovarsi interrogato.
Daniele Rizzo, Persinsala.it
Ma Cortázar non ha intenzione di costruire fantasticherie per le interpretazioni psicanalitiche, egli intende liberarsene in uno sboccamento perfettamente adeguato al reale, dove la minuzia stilistica focalizza talmente il dettaglio da costituire essa stessa l'assurdo del racconto, che è breve quanto un'opinione ma tanto fitto di ritmi, pulsazioni e inaspettate calamità da adattarsi al dialogo teatrale.
(...) Ma nell'altrove di un luogo che non gli appartiene, dove ogni pulviscolo è pregno dell'odore del proprietario, non può abitare e si costringe a registrare un messaggio, dapprima incespicando sulle parole e, dopo la consapevolezza d'averle dette, sempre più convulsamente; le sue creature sono fiotti andati alla deriva che disturbano il suo impegno di mantenere lo stato delle cose. Allora una sonorità urlata e l'iridescenza degli spiragli di una finestra sul baratro profilano una decisione: poiché ogni cosa ha una durata superiore a quella comandata, talvolta è essenziale intromettersi.
Francesca Pierri, Recensito.it